“IN CAMMINO: Le Incredibili Avventure Di Un Missionario A Caccia Di Anime In Sud Africa [1937 – 1951]“, Giuseppe Sante Bellò Marcolini — OPPIS PLANET EDIZIONI
NEL CINQUANTESIMO ANNO dell’ordinazione sacerdotale e della realizzazione di un sogno, in un ambiente ideale da persona consacrata e in più da missionario, ho deciso di scrivere alcune “memorie/ricordi”.
Sono passati molti anni da quando ho lasciato i miei cari e la patria e ho raggiunto il suolo africano. Vedo, con dolore, farsi sempre più vicino ed incalzante il pericolo della perdita d’identità, peculiare della Terra swazi e delle “Tribù negre” del Sud Africa e del continente africano.
Un universale consumismo, una convergenza di appetiti economici e politici si riversano sopra questo povero mondo negro, dove già non esistono la libertà, la spontaneità, l’indolenza del sognatore e quei sistemi e tradizioni antiche che fecero tanto apprezzabile la vita e fanno tanto ingrata la morte.
Durante questi lunghi anni non sono arrivato a nessuna vetta negli incarichi, nella letteratura, nelle lingue e nella spiritualità dell’ideale missionario.
“L’annuncio” si è esaurito, accartocciato dall’implacabile sole africano, disteso dal vento della pampa nelle valli dell’Altopiano boliviano, dall’ululare della tempesta nelle valli australi del Baker e nei canali umidi del litorale, da un’attività quasi esibizionista e da vanto personale, anche se, con un filo sottilissimo, un certo progetto misterioso e divino ha collegato la mia anima alle relazioni umane, ricostruendo l’immagine soggettiva di chi scrive.
Se sono stato orgoglioso, ora non lo sono più e se mi dilettavano i paragoni sardonici sui miei simili, ho imparato, dolorosamente, che la vita è una cosa seria e tragica allo stesso tempo. Ho appreso nelle terrificanti distese della savana selvaggia, delle valli e dei rocciosi colli africani, la lezione dell’angoscia e del silenzio. Però come le valli e i colli racchiudono e rilasciano energie, brutture, dolore, sacrificio e bellezza, ho anche imparato a soddisfare questo concetto di bellezza: prestare parole ed espressioni nostre.
Il mio spirito libero, individuale, non ho potuto strapparlo dalla mia carne, é tuttora integro in tutto il mio essere e nel mio pensiero. La mia maniera di scrivere è come il canto della calandra, monotono e gutturale, che si perde nell’aria estiva, in suoni brevi, fra le foschie o prima dello strascico del vento sordo, salendo perpendicolarmente verso regioni contemplative; di lì in alto, ignorando se stesso. Altre volte è il canto che ricorda altri canti, cari o spensierati e si compiace in ripetizioni, caricature e risa.
Cinquant’anni fa la mia mente era fresca, percettiva, viva; i movimenti del mio corpo erano agili, svelti. Il crepuscolo ha fatto cadere le mie braccia nel ricordo dei suoi movimenti.
Anni fa, nell’orizzonte, ho letto una sentenza profetica, unita alla coda brillante di una cometa e diceva: “camminerai sempre, sopra la terra, fra gli uomini, dentro i tuoi pensieri”.
Ora l’orizzonte si vede nebbioso, le luci ottenebrate nella lontananza del tempo e dei sensi: un sospiro di ineffabile stanchezza sorprende la natura.
La lingua non é quella natia. Le linee centrali, l’equatore e i paralleli della vita si sono confusi. Nel cielo rivivono gli astri dell’infanzia e nell’aria l’incantesimo della potente fragranza degli anni passati.
Questa è la ragione del titolo di queste memorie: “IN CAMMINO”. La veridicità di queste memorie é tanto autentica come lo è il motto del gaucho della pampa:
“Se sei vero non devi cambiare direzione al tuo cammino, perché, ovunque tu vada, lì andrai con la tua anima davanti (come cavalla madrina in una mandria di cavalli)”.
Non scrivo per voler che mi leggano e mi ricordino, ma perché io stesso ricordi ciò che sono stato, sia perché non sono stato un’altra persona sia perché mi compiaccia di quello che ho fatto o mi dispiaccia per la mia incapacità o poca fortuna…