Dopo l’addio allo scrittore venatorio Adelio Ponce De Leon ed in seguito ai vari contatti con Amici e Conoscenti che in qualche modo mi legavano a Lui, mi sono ri-messo a sfogliare alcuni dei suoi Testi.
Fra tutti, di sicuro a causa della “mia” Passione, anzi della “mia” Malattia per la Fatata Regina del Bosco, quello che più mi ha affascinato sin dalla prima lettura e che ogni volta rileggo con attenzione poiché risponde in modo preciso a molte delle questioni sull’argomento trattato, si trova a pagina 81 del Libro “BAGLIORI DI CACCIA”, finito di stampare nell’Ottobre 2008 dall’Editoriale Olimpia.
Nel Capitolo che si intitola “IL BECCACCIAIO”, con grande capacità dissertiva lo stesso Adelio è riuscito a distinguere molto bene le “Due Facce” dell’Appassionato di Beccacce [almeno così sento di poter affermare grazie alle mie ormai Quarantennali Esperienze, sebbene rimanga solo il mio punto di vista personale]. Infatti credo non vi sia alcun dubbio quando si afferma che “Beccacciai si nasce, mentre Cacciatori di Beccacce si diventa.”
Leggendo il testo appare chiaro quanto sia stato Travolgente, anche per questo Importante Scrittore Venatorio, l’incontro con la Regina del Bosco.
E questo pur essendo egli “nato” Beccaccinista, incantato dallo Scolopacide che Vive nella Fanghiglia.
Per conto mio ho avuto modo di “vivere” con la fantasiosa Scolopax Rusticola, sebbene in situazioni differenti, gli stessi contenuti, le stesse emozioni e gli stessi sentimenti descritti nel libro, e con chiunque ne abbia discusso fino ad oggi – da Nord a Sud del Mondo che per buona sorte sono riuscito a calpestare e a frequentare – ho sempre espresso la “mia” convinzione [a costo di ripetermi], quasi la fotocopia di ciò che il più Famoso Scrittore Adelio Ponce de Leon ha riportato nel suo libro: Beccacciai si nasce, Cacciatori di Beccacce si diventa!
Questa particolare Categoria di “Essere Umano”, deve per forza saper scegliere, comprendere, conoscere… preparare, affinare, modellare e soprattutto “Specializzare” l’Ausiliare Canino più adeguato alle proprie caratteristiche ed alle proprie necessità venatorie, per poter essere “Attrezzato” ad immergersi in questo tipo di Caccia, iniziando a Combattere “ad armi pari” una Battaglia altrimenti persa in partenza.
Arrivare ad un tale livello di preparazione richiede innumerevoli Sacrifici, a partire dal tempo dedicato alla Famiglia ed alle Relazioni personali, al Lavoro, fino ad altri Hobby del Tempo Libero che ognuno possiede.
Gli Ausiliari Canini, gli unici Amici sempre Fedeli, assieme all’apposito Fucile ed alle rispettive Cartucce [per lo più Personalizzate in base all’utilizzo], sono gli elementi essenziali dei quali il Vero Beccacciaio si deve avvalere per poter combattere sullo stesso piano con la Scaltra Regina del Bosco. Il desiderio di Cacciarla in Solitudine, di avere il 50% di possibilità di uscire vittoriosi dalla sfida, di non condividere con altri i suoi Nascondigli, così come le sue Rimesse Segrete nei vari anfratti delle vallette di noccioli o di felci, oppure di piccole pinete ed altri tipi di piante… il cercarle a Notte Fonda con il solo flebile supporto della Luce Lunare nelle sue Zone di Pascolo preferite, ed ancora il saper “Leggere” – osservando i Punti di Passaggio Mattutino – le modalità di “entrata” [altezza, velocità, orario, etc. etc.], prevedere l’andamento delle condizioni del tempo e climatiche, individuarne le “Buttate di Postura” conseguenti a tutta questa serie di elementi raccolti in giornata… conoscerne i possibili comportamenti per adeguarsi con l’utilizzo di una specifica tipologia di Campano da applicare ai propri Ausiliari Specialisti…
Un lungo insieme di “tecniche” che si possono migliorare grazie ad un costante e continuo sacrificio, una Dedizione quasi “Totale”, uno Studio Programmato ed Elaborato con precisione in ogni sua fase, al punto che solo un “Malato Cronico” di Beccaccite [come scrive in uno dei suoi libri venatori l’autore calabrese Francesco Materasso], può riuscire a comprendere.
Questo per me è il Vero Beccacciaio.
IL BECCACCIAIO – Adelio Ponce de Leon – Editoriale Olimpia 2008
Note firme della letteratura venatoria hanno discusso il dilemma >>si nasce o si diventa cacciatore?<<. Se è vero che cacciatore si nasce, è altrettanto vero che beccacciaio non si diventa o, meglio, non si diventa nel senso comunemente ascritto a tale espressione, cioè dopo anni di pratica e di esperienza.
Si potrebbe affermare che cacciatore di beccacce si diventa, ma beccacciaio si nasce. Infatti il cacciatore di beccacce e il beccacciaio non si identificano, ma sono figure differenti.
Entrambi si interessano ovviamente alla caccia del nobile scolopacide, ma in modo diverso. L’uno assai spesso come alternativa ad altre forme di caccia. L’altro per dedizione assoluta.
Ma questa non è una distinzione puramente formale, né del tutto esteriore. Diversi e sottili sono i particolari che fanno discernere in modo netto e inequivocabile i cacciatori dei due tipi di caccia.
II primo incontro con la beccaccia nella maggioranza dei casi determina per il cacciatore o il connubio o il distacco definitivo con l’aristocratico alato. Ma anche qui il caso di un nobile ambientamento sarà testimone o della mediocrità o della eccelsa unione con essa.
Si sa, la beccaccia ha sempre avuto in tutti i tempi e in tutti i paesi un alone di fascino e di mistero. Alone che almeno una volta nella vita avrà tentato il cacciatore a entrare nel regno segreto e arcano del bosco.
Una volta almeno il cacciatore avrà cercato di capire il misterioso filo che tiene legato il migratore a pochi eletti.
Nella sua lunga esperienza venatoria almeno una volta avrà sperato di fare suo quel singolare distacco dal mondo, quella abnegazione che li caratterizzano. Ebbene proprio in quella occasione sarà nato o meno un nuovo beccacciaio. La beccaccia ha un fascino che non perdona.
Tre sono gli atteggiamenti che il neofita può assumere al primo incontro con la Regina. Uno riguarda il cacciatore che a metà della battuta, lacero, sfinito, con il volto sanguinante abbandona Regina e regno, dichiarando che i beccacciai sono tutti matti. Per lui è finita, la beccaccia è uscita dalla sua vita, né mai più potrà ritornarvi.
L’altro è quello del nembrotte che porta a termine la cacciata ancora in buon arnese e che ha avuto la prima Regina. È raggiante e declama che per lui una caccia vale l’altra, basta sapere fare. Diverrà il tipico cacciatore di beccacce.
Il terzo appartiene al cacciatore che termina la battuta lacero e sfinito come il primo, ma con una forza di volontà e una caparbietà che lo distinguono.
Magari ritorna senza preda e vi dirà che non è stato all’altezza, che è una caccia difficile, come spesso aveva sentito dire, anche se piena di fascino.
Però gli sarà rimasto impresso l’inconsueto paesaggio, l’intimità dell’ambiente, l’astuto zigzagare della beccaccia tra i rami, la superba ferma del cane, l’imperdonabile padella. E molto verosimilmente di tutto ciò non vi dirà nulla di nulla: ma questo è il beccacciaio.
Esperienza, astuzie, perizia, studio verranno in seguito, come in qualsiasi forma di caccia, e potranno o meno farlo eccellere.
Ma in un caso o nell’altro rimarrà sostanzialmente beccacciaio. Non lo si diventa con il tempo, ma all’istante.
Il tempo potrà forgiare l’uomo e i suoi mezzi, ma la beccaccia rapisce in un attimo. È un fascino che nasce tra le insidie e le difficoltà e, forse, proprio da queste.
Subito al primo contatto con la Regina, il beccacciaio sente un legame superiore alle sue forze, più alto della sua volontà. Lo terrà avvinto per sempre a quel bosco, a quelle foglie dorate, a quel muschio, a quello sfarfallare sommesso e improvviso, che la prima volta lo fa trasalire.
II >>cacciatore di beccacce<< invece concepisce questa come una qualsiasi altra forma di caccia. Si dà alla beccaccia con il medesimo trasporto che ha per la starna o il fagiano: la beccaccia é per lui un uccello come altri. Non potrà mai entrare nella famiglia stretta dei beccacciai poiché la sua scelta è superficiale, fortuita; l’intimo e più bel segreto del bosco non lo tocca, non sa godere delle sottili e recondite attrattive che questa caccia dà ai suoi eletti. Eppure fa carniere ed è questo che in fondo gli sta a cuore. Anzi in molti casi uccide più beccacce lui del vero beccacciaio, ma questo è il suo fine e non va oltre.
Per il beccacciaio il carniere non conta. Sfiorando il paradosso oserei dire che sarebbe beccacciaio anche senza quello.
Quando la stoccata inesorabile ha abbattuto la tanto agognata Regina, superato quell’attimo di estasi, se potesse, vorrebbe farla rivivere per godere di nuovo l’affannosa ricerca, la ferma e la guidata del cane, la fucilata sicura e improvvisa.
Quel corpo esanime non gli dice più nulla e in fondo rimpiange di avere tolto alla macchia il suo fiore più bello.
Se osservate dei cacciatori nel bosco, potete facilmente individuare il >>cacciatore di beccacce<< dal >>beccacciaio<<. Il primo lo scorgerete facilmente, abbigliato a dovere e sempre in ordine, mentre cammina sicuro lungo i sentieri ed è alla posta in uno spiazzo, mentre i cani di altri cacciatori cercano nel folto. Quando lo vedrete, avrà già una beccaccia appesa al lacciolo sul fianco. Spesso usa l’automatico e avrà una lunga fila di cartucce che gli cingono la vita.
Scorgere il beccacciaio é assai più difficile, uso com’é a frugare la macchia. Non lo incontrerete lungo i sentieri, la sua via non è quella.
Ma se abbandonate questa e vi spingete fra rovi, spini e qualsiasi diavoleria che il sottobosco offre nei suoi angoli più remoti; quella cacciatora che a furia di strappi e di rammendi non riuscite a capire come possa stare assieme, siate certi che non la lascia fintanto che non cade a pezzi; i calzoni sono più vecchi; gli scarponi non saprete mai se son fatti di fango o di foglie morte. Non gli vedete beccacce penzolare attorno, le tiene gelosamente custodite. Apparentemente senza cartucce, porta la classica doppietta e questa senza cinghia, poiché nel folto dove va gli è d’impaccio.
Non vedete mai un beccacciaio all’alba o al tramonto attendere la beccaccia al limite del bosco per sorprenderla nelle sue peregrinazioni notturne. Quelle figure evanescenti celate ai piedi di un albero che formano un tutt’uno con le ombre del mattino e della sera, in perenne attesa della facile preda, non sono beccacciai, ma cacciatori di beccacce che vanno a ingrossare il carniere della giornata; non importa come l’hanno ottenuto, l’importante è il numero.
Il beccacciaio non si abbasserebbe mai a colpire una Regina al rientro o allo spollo. Non capisce altra forma che quella ad armi pari: nel bosco con il cane.
Finalmente oggi la caccia alla posta è quasi ovunque vietata.
Concludo questo “Articolo-Dedica” riportando un mio contributo personale in merito al divieto di Caccia all’Aspetto, che purtroppo rimane ancor oggi solo un Bel Progetto… Irrealizzato, poiché seppure tale pratica sia vietata in modo intelligente ed opportuno, non è stata per nulla eliminata: per quanto riguarda l’Italia questo è vero soprattutto nelle Zone Libere.
In moltissimi Paesi Esteri invece, la Caccia all’Aspetto [detta anche Caccia alla Posta] si conferma un’importante Fonte di Reddito “Sicuro” per i cacciatori Locali [e non solo per loro], senza che si debbano fare grandi Sforzi o Fatiche. Se questa situazione continuerà ad esistere e tali Ignobili Tranelli – realizzati all’Alba ed al Tramonto contro la mitica Regina del Bosco – non verranno del tutto cancellati, in tutto il mondo, sicuramente non potremo mai essere certi che “il Capitale Beccaccia” possa essere salvaguardato.
Io molto probabilmente non sono, né credo di essere, la persona più indicata ad esporre questi contenuti, poiché non mi sono mai risparmiato nei confronti del Selvatico che da Sempre ammiro più di tutti, insieme alla Coturnice ed al Gallo Cedrone [o Urogallo], però credo sia giunto il momento per tutti, per tutti Noi Appassionati di Arte Venatoria, di rendersi conto che i Continui “Prelievi” [sempre più rilevanti] che quasi ovunque vengono oggi realizzati nei confronti della Scolopax Rusticola, non lasciano spazio a prospettive ottimistiche per il futuro, sia per il nostro che per quello delle prossime generazioni.